Alla fine, vien fuori la verità – la scioccante dichiarazione di addio di Juncker al Parlamento europeo



Eurointelligence dà un resoconto abbastanza completo del "discorso di commiato" di Juncker. Certo, queste cose poteva dirle prima, ma comunque è interessante sentire cosa ha detto...veramente (il sole24ore era in giornata no)


Eurointelligence - Parla ora, poco prima di lasciare l'incarico. E questa volta, nessuno lo accusa di mentire. Jean-Claude Juncker ha fatto un furioso discorso di commiato alla commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo. E' stato ripreso in particolare dalla stampa spagnola. Cinco Dias definisce l'intervento di Juncker "un attacco furibondo a Berlino" . La BBC ha un filmato di 90 minuti dell'intera seduta. Juncker ha detto:



Che non era d'accordo con il ritmo degli aggiustamenti "imposti ad alcuni paesi", e che l'Eurogruppo non ha fatto alcuna valutazione politica su questi aggiustamenti, i quali troppo spesso erano semplicemente "delle copie delle raccomandazioni di Commissione, BCE e FMI, la cui legittimità democratica non è chiara".

• che "la scelta è stata quella di far ricadere tutto l'aggiustamento sui paesi più deboli";

• che quei paesi che hanno beneficiato delle fughe di capitali dalla Grecia non hanno fatto nulla in proposito;

• che è stato fatto l'errore di "sottovalutare il dramma della disoccupazione" e di "dare l'impressione che l'Europa è lì solo per punire" e che non premia i "paesi partecipanti ai programmi" che proseguono con i loro piani di aggiustamento;

• che il suo successore farebbe bene ad "ascoltare a tutti i membri della zona euro su base paritaria" anche se ci vuole molto tempo per portare a termine un meeting, "altrimenti, se il mio successore non lo farà, in 6 mesi si vedranno i risultati";

• che i risultati dell'ultimo Consiglio Europeo sono stati "deludenti", perché "l'idea di partenza era di presentare una tabella di marcia per i decenni seguenti";

in materia di coordinamento delle politiche economiche, che '"non possiamo continuare con un sistema in cui il braccio monetario di Francoforte è forte e il braccio della politica economica è debole". E che "dobbiamo far sì che ogni volta che un governo raccomanda una riforma strutturale questa sia spiegata all'Eurogruppo e che i ministri spieghino quali saranno le conseguenze di tali riforme nei diversi paesi";

"C'è bisogno per tutti gli Stati membri di concordare un 'salario sociale minimo', la necessità di un minimo di diritti sociali di base per i lavoratori, altrimenti perderemo l'appoggio delle classi lavoratrici". C'è la necessità di "un accordo su alcuni elementi di solidarietà", "principi e modi di risoluzione delle crisi bancarie", e "un sistema di depositi di garanzia";

• che il Green Party in Lussemburgo voterà contro il Trattato Fiscale perché "sono stufi di quello che vedono come un diktat tedesco";

«Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere, non saranno mai capaci di ribellarsi, e fino a che non si saranno liberati, non diventeranno mai coscienti del loro potere».
(George Orwell, 1984)

Il Manifesto per il Contante Libero
(versione short:
i 10 Punti per Il Contante Libero)
La tecnologia come mezzo di controllo sociale per imporre, attraverso una continua induzione di paure ed ansie, moduli di pensiero e comportamenti umani totalmente spersonalizzati, asserviti e ideologizzati. Obbiettivo finale: annichilire qualsiasi sentire, agire e pensare che possa essere veramente alternativo e concorrente. In sintesi, annichilire la libertà.
Questo è il pericolo su cui ci ammonisce il celebre romanzo 1984 di George Orwell. Ciò nondimeno, in questi anni di crisi tale pericolo non è lontano da un suo pieno concretizzarsi. Buona parte della società civile e dell’opinione pubblica sembra non voler vedere questo mostro che cresce; lentamente e apaticamente essa sta lasciando la propria libertà nelle mani di un’entità manipolatrice dai tratti allo stesso tempo oligarchici e collettivistici.
Se vogliamo difendere la libertà (la nostra libertà) dobbiamo innanzitutto scrollarci di dosso l’apatia e prendere coscienza del nostro potere. Per far questo è necessario “educarci alla libertà” processo che in primo luogo implica il comprendere e il saper confutare rigorosamente la logica antirazionale propugnata dai nemici della libertà.
E’ nel suddetto contesto che va inserita “la battaglia per la difesa dell’utilizzo del denaro contante”. Una battaglia la cui finalità, pertanto, non consiste nel rivendicare la supremazia in termini assoluti di uno strumento di pagamento su un altro (banconote versus mezzi elettronici), bensì nel riaffermare il diritto delle persone di scegliere liberamente il modo che ritengono migliore di portare a termine i loro scambi economici.
Come tutti sanno nel nostro Paese la soglia al di sotto della quale è possibile utilizzare denaro contante per effettuare pagamenti tra privati o privati e società od amministrazioni non bancarie è stata recentemente abbassata fino all’attuale limite di 1000€ .
Nonostante ciò, qualcuno non ancora sazio di prescrivere restrizioni alle libertà individuali continua a richiedere l’implementazione di ulteriori “stratagemmi” per disincentivare e ridurre ancor di più gli spazi d’uso del contante, con l’intento più o meno esplicito e consapevole di giungere in un futuro alla totale, o pressoché totale, soppressione di questa modalità di pagamento, affermando contemporaneamente il dominio artificiale della moneta elettronica.
A supporto della bontà della loro tesi, i promotori ed i sostenitori della cosiddetta lotta al contante adducono il fatto che tutto ciò sia pensato e studiato al fine di ottenere gradi maggiori di benessere generale, equità, progresso, giustizia sociale.
La verità, tuttavia, è assolutamente un’altra: la lotta contro l’utilizzo del denaro contante non annovera alcuno scopo nobile e le argomentazioni a suo sostegno sono pure mistificazioni della realtà oggettiva. L’unico vero obbiettivo di questa crociata consiste nel proteggere e consolidare il potere, le prebende e l’influenza di quella variegata casta di soggetti improduttivi che vivono e prosperano soltanto a scapito del lavoro altrui.
Con il pretesto di perseguire buoni propositi si vuole soltanto fare razzia dei diritti naturali dei più inermi.
La lotta al contante in quanto strumento fondamentale per combattere l’evasione fiscale.
Questa è l’argomentazione principale che viene usata da chi si prodiga per avere una società senza contante. Ad una prima analisi questa giustificazione sembrerebbe inattaccabile; tuttavia, mediante una disamina più attenta e approfondita si scopre che il grosso dell’evasione fiscale non ruota affatto attorno l’utilizzo del denaro contante, ma riguarda invece transazioni decisamente più sofisticate.
I fenomeni evasivi/elusivi numericamente più rilevanti, quali l’occultamento di ricavi e compensi o l’indebita deduzione dei costi, vengono, infatti, messi in atto con l’impiego di strutture e comportamenti fittizi che prescindono dall’uso del contante e dall’obbligo di avvalersi del canale bancario per rendere le operazioni tracciabili.
Diffondere l’idea che la maniera più efficace per contrastare l’evasione fiscale risieda nella lotta al contante significa, dunque, pubblicizzare volutamente un erroneo convincimento. L’evasione si combatte mettendo a punto un quadro normativo stabile e facilmente comprensibile, tagliando il numero degli adempimenti, instaurando un rapporto di fiducia tra il Fisco e il contribuente e riducendo in maniera sistematica e ragionevole la pressione fiscale tramite un preventivo calo della spesa e dell’inefficienza pubblica.
A fronte delle sopraccitate misure, l’eliminazione del contante non serve praticamente a nulla se non a privare milioni di cittadini (il popolo minuto) dell’unico formidabile strumento di “dissenso di massa” che essi possono avere a loro disposizione per non essere sopraffatti da inique regole e politiche fiscali.
La lotta al contante non incide direttamente sulla libertà e le abitudini delle persone.
Affermazione semplicemente senza senso. Restringendo le possibilità per gli agenti economici di scegliere come metodo di pagamento ciò che essi considerano più adeguato, si va ad incidere per forza di cose direttamente sulla libertà e le abitudini delle persone.
Contante strumento scomodo ed obsoleto.
L’esperienza sostiene l’esatto contrario. Nella quotidianità solamente l’impiego del contante permette ad alcune transazioni di essere portate a termine in maniera celere e quindi proficua. Di conseguenza, eliminando o riducendo ancor più drasticamente questa modalità di pagamento, si introdurranno necessariamente in più parti del sistema economico rimarchevoli inefficienze che, in ultima analisi, avranno il demerito di rendere maggiormente complicata la vita delle persone.
La lotta al contante è decisiva anche nella lotta ai furti e alle rapine.
«Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza».
Basterebbe citare questo famoso aforisma di Benjamin Franklin, uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, per dimostrare l’illegittima sussistenza di questo assunto. Ma, poiché è necessario essere veritieri fino in fondo, si deve anche constatare come l’eliminazione del contante non rappresenti sicuramente la panacea contro furti e rapine. Clonazione di bancomat e di carte di credito, manipolazione di conti bancari, furto d’identità o anche le incresciose aggressioni alle abitazioni dei cittadini sono tutti esempi di fenomeni criminali sui quali la lotta al contante non può avere di certo un’incidenza decisiva.
La lotta al contante è una vera e propria battaglia di civiltà.
Alcuni si spingono a definire addirittura la lotta al contante come una vera e propria battaglia di civiltà, dando sostanzialmente origine ad una nuova forma di polilogismo (Il polilogismo è la dottrina che nega l’uniformità della struttura logica della mente umana): da una parte c’è chi ripudiando l’utilizzo del denaro contante ha sposato la cultura della legalità, dall’altra parte c’è chi non ripudiando tale utilizzo ha deciso di porsi, almeno teoricamente, al di fuori di questa cultura.
Questa presa di posizione è soltanto un grezzo espediente per evitare qualsiasi confronto approfondito, critica o discussione sul merito. Trattasi di falso razionalismo utile a nascondere l’irragionevolezza e l’illogicità di una tesi. Non avendo a proprio sostegno argomentazioni davvero valide, l’esercito della lotta al contante sposta la sua lotta sul terreno della pura ideologia allontanandosi così in maniera intenzionale dalla realtà delle cose.
Dinanzi ad un atteggiamento del genere si può comprendere appieno la posizione di chi ostinatamente porta avanti la crociata contro il contante: trovandosi nell’impossibilità di avere l’avallo della verità scientifica, tenta scorrettamente di plagiare la mente dei propri interlocutori
«Chi cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri un molto rispettabile inferno»
(Paul Claudel)
“Eliminare il contante rappresenterebbe un atto di spoliazione dei nostri diritti alla libertà”.
La progressiva eliminazione del contante e la simultanea imposizione dall’alto della moneta elettronica alimenta il potere arbitrario e discrezionale delle élites politiche e finanziarie. Il costante consolidamento di questo potere è da ritenersi estremamente pericoloso poiché sottende, in conclusione, l’indotta accettazione di una società dalle caratteristiche distopiche dove l’uomo non è concepito come fine, bensì come mero mezzo.
Per impedire tutto ciò bisogna iniziare a far sentire il nostro grido di disapprovazione.

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Tratto e tradotto da keynesblog.com | Link
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Monti aveva sostenuto che la sua “salita” in campo serviva a togliere l’Italia dalle mani degli incapaci. Ma il Financial Times la pensa in modo diametralmente opposto.Secondo l’editorialista del Financial Times Wolfgang Munchau, il governo Monti è uno dei governi europei che ha sottovalutato il prevedibile impatto dell’austerità: se la crisi finanziaria sembra essersi affievolita, la crisi economica è in deciso peggioramento, l’economia italiana dopo un decennio di crescita quasi nulla indugia in una lunga e profonda recessione, con il credit crunch che peggiora, la disoccupazione che cresce, la produzione che cala, la fiducia delle imprese ai minimi.

In questa situazione, non diversamente dagli altri paesi periferici dell’eurozona, l’Italia si trova secondo Munchau davanti tre possibilità:
“La prima è quella di rimanere nell’euro e farsi carico da sola dell’intero aggiustamento. Con questo intendo sia l’aggiustamento economico, in termini di costi unitari del lavoro e inflazione, che l’aggiustamento fiscale. La seconda è quella di rimanere nella zona euro, a condizione di un aggiustamento condiviso tra paesi debitori e paesi creditori. La terza è quella di lasciare l’euro. I governi italiani uno dopo l’altro hanno praticato una quarta opzione – rimanere nell’euro, concentrarsi solo sul risanamento dei conti pubblici a breve termine e attendere.
La quarta opzione, la storia economica lo dimostra, alla lunga non conduce ad altro che a ritrovarsi di nuovo alle scelte evitate in passato.
Per Munchau la scelta migliore sarebbe la seconda, ma Mario Monti non ha opposto resistenza ad Angela Merkel. Ci sta provando Mariano Rajoy, il primo ministro spagnolo, che ha richiesto un aggiustamento simmetrico – ma è tardi, la Germania sta già pianificando il suo bilancio di austerità per il 2014 e tutte le decisioni politiche sono già prese: la seconda opzione non c’è più, sta svanendo lentamente.

Ed ecco le previsioni del Financial Times sulle elezioni italiane:
“Dove andrà l’Italia con le elezioni del mese prossimo? Da primo ministro, Mr Monti ha promesso riforme e ha finito per aumentare le tasse. Il suo governo ha cercato di introdurre riforme strutturali modeste, di scarso significato macroeconomio. Partito come leader di un governo tecnico, si è poi mostrato essere un duro operatore politico. La sua narrazione è che ha salvato l’Italia dal baratro, o piuttosto da Silvio Berlusconi, il suo predecessore. Il calo dei rendimenti dei titoli ha giocato un ruolo in questa narrativa, ma la maggior parte degli italiani sa che deve questo a un altro Mario – Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea.
A sinistra, Pier Luigi Bersani, segretario generale del Partito Democratico, ha sostenuto l’austerità, ma di recente ha cercato di prendere le distanze da tali politiche. E’ stato anche esitante sulle riforme strutturali. I temi principali della sua campagna elettorale sono una tassa sul patrimonio [recentemente abbandonata, ndr] , la lotta contro l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro e i diritti dei gay. Lui dice che vuole che l’Italia rimanga nella zona euro. Vi è una minima probabilità che abbia più successo nel battersi con la Merkel perché è in una posizione migliore per collaborare con François Hollande, il presidente francese e collega socialista.
A destra, l’alleanza tra Berlusconi e la Lega Nord è indietro nei sondaggi ma sta facendo progressi. Fino ad ora, l’ex primo ministro ha fatto una buona campagna. Ha consegnato un messaggio anti-austerità che ha fatto vibrare le corde di un elettorato disilluso. Continua anche a criticare la Germania per la sua riluttanza ad accettare un eurobond e consentire alla BCE di acquistare incondizionatamente obbligazioni italiane.
Si potrebbe interpretare questo atteggiamento come l’opzione due: insistere su un aggiustamento simmetrico o uscire. Tuttavia, conosciamo Berlusconi fin troppo bene. E’ stato primo ministro abbastanza tempo per aver avuto la possibilità di fare simili proposte in precedenza. Per diventare credibile, dovrebbe presentare una strategia chiara che tracci le scelte in dettaglio. Sinora tutto quel che abbiamo sono solo slogan televisivi.
A giudicare dagli ultimi sondaggi, il risultato più probabile delle elezioni è la paralisi, forse sotto forma di una coalizione di centro-sinistra Bersani-Monti, possibilmente con una maggioranza di centro-destra nel senato, dove si applicano regole di voto diverse. Questo renderebbe tutti, più o meno, responsabili. Nessuno avrebbe il potere di attuare una politica. Ma ognuno avrebbe il diritto di porre il veto.
Se così fosse, l’Italia continuerebbe a tirare avanti, fingendo di aver scelto di rimanere nell’euro senza creare le condizioni per rendere l’adesione sostenibile. Nel frattempo, mi aspetterei che emerga un consenso politico anti-europeo che o otterrà una piena maggioranza alle elezioni successive o provocherà una crisi politica, con alla fine lo stesso effetto.
Quanto al signor Monti, la mia migliore ipotesi è che la storia gli assegnerà un ruolo simile a quello di Heinrich Brüning, cancelliere tedesco nel 1930-1932. Anche lui era parte di un consenso prevalente nell’establishment che non vi fosse alternativa all’austerità.
L’Italia ha ancora qualche strada aperta. Ma deve prenderla.”
(enfasi redazionali)
Tratto con minimi adattamenti da: Voci dall’Estero di Carmen Gallus
Articolo di W.Munchau sul Financial Times: “Why Monti is not the right man to lead Italy
PAGAMENTI ENTI ....PUBBLICI? VERGOGNA!

Gente irresponsabile a posto fisso nel mio Comune che non conosce la legge con la presunzione di conoscerla, se ne sbatte altamente dei gravi problemi di soldi, non paga perchè "non ha volgia" (parole testuali) di farlo, quando è un anno che aspettiamo di essere pagati per 800.000 euro. Dice alla collega - che le ribadisce per l'ennesima volta che sta cannando in pieno - di non romperle i coglioni. Ma  è ora di finirla. noi non ci dormiamo la notte...abbiamo 50 famiglie che dipendono da noi! e le tasse le paghiamo, tutte e alla scadenza...altrimenti lo Stato non ci fa più lavorare.
VERGOGNA!
VERGOGNA!
VERGOGNA!

Ecco la ricetta degli inglesi: “L’Italia esca dall’euro, è il suo unico problema”

15 dicembre 2012
euro
L’Italia è più ricca della Germania in termini pro capite, con circa 9.000 miliardi di euro di ricchezza privata…
Da libero.it -
C’è un giornale, in Europa, che canta fuori dal coro nell’accogliere la notizia di un ritorno di Silvio Berlusconi nel ruolo di candidato premier. La linea diffusa è quella, ad esempio, dell’Economist, che riprendendo il ritornello del musical “Mamma mia” titola “Mamma mia, here we go again” (“mamma mia ci siamo di nuovo”) con sotto la faccia sorridente di Silvio Berlusconi. Chi esce dal coro è un altro giornale inglese, The telegraph. Lo fa sostendendo, come da tempo fa Berlusconi, che il vero problema dell’Italia e della sua economia sia l’euro.
“La valuta sbagliata” – “L’Italia ha solo un grave problema economico. Ha la valuta sbagliata” scrive Ambrose Evans Pritchard sul quotidiano conservatore (i conservatori britannici vedono la moneta unica europea come la peste bubbonica e infatti ci girano al largo). “L’Italia è più ricca della Germania in termini pro capite, con circa 9.000 miliardi di euro di ricchezza privata. Il suo debito pubblico e privato combinato è al 265% del Pil, inferiore a quello di Francia, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti o Giappone.Il paese si piazza in cima alla graduatoria dell’indice del Fondo Monetario Internazionale per “sostenibilità del debito a lungo termine” tra i principali paesi industrializzati, proprio perché ha riformato da tempo il sistema pensionistico sotto Silvio Berlusconi”.
L’analista – The telegraph cita poi Andrew Roberts, analista di Royal Bank of Scotland, la prima banca britannica. Che afferma: l’Italia ha “un vivace settore delle esportazioni, e un avanzo primario. Se c’è un paese nell’Unione europea che potrebbe trarre beneficio dal lasciare l’euro e dal ripristino della competitività, è l’Italia”. E cita pure uno studio di Bank of America, secondo il quale il nostro paese avrebbe da guadagnare più degli altri membri dell’Ue da un’uscita e dal ripristino di un controllo sovrano sulle leve di politica economica. Che è quello che va sostenendo Berlusconi quando parla di inflazione e di possibilità di stampare moneta per ripagare il debito limitando così i tassi d’interesse che il nostro paese si trova a pagare agli investitori stranieri (lo ha detto anche ieri da Vespa).
Articolo originale

Chi vuole uscire dall’euro?

Innanzitutto vediamo chi è che vuole uscire dall’euro tra i partiti italiani: siccome la campagna elettorale per le elezioni 2013 è già iniziata non ci è difficile individuare 3 nomi:
  • PdL
  • Lega
  • Movimento 5 Stelle
in realtà in tutte e 3 le forze politiche emergono spinte contrastanti, dissensi interni e persino cambi di idea da un giorno all’altro, ma diciamo che questi sono i movimenti che prendono seriamente in considerazione l’ipotesi. A volere sottilizzare mentre Silvio Berlusconi sarebbe disposto anche a mantenere la vecchia valuta, a patto di poterla stampare per conto nostro (ipotesi francamente irrealizzabile), Beppe Grillo chiede di tornare alla lira senza mezzi termini, anche se riconosce che questa operazione porterebbe anche svantaggi.

I vantaggi di uscire dall’euro

Tra i vantaggi di uscire dall’euro possiamo segnalare sicuramente in primis tutto ciò che di positivo si lega a una svalutazione, ovvero:
  • maggiore facilità nell’esportazione delle merci
  • maggiore spinta alla produzione industriale (inversione di ciò che è accaduto dal 2000 in poi, quando il fenomeno si è concentrato sempre più verso la Germania)
conseguentemente
  • attivo commerciale
  • minore disoccupazione

Gli svantaggi di uscire dall’euro

Gli svantaggi di uscire dall’euro (ma sarebbe meglio dire i vantaggi di rimanervi) sono presumibilmente:
  • inflazione
  • erosione del risparmio
  • alti tassi di interesse

Vantaggi di potersi stampare i propri euro

La terza via (a nostro avviso difficilmente realizzabile poiché almeno al momento la Germania e altri stati UE sarebbero restii a concederla) sarebbe quella di restare nell’euro stampandoceli da noi e facendo a meno della BCE (quantomeno in questa sua funzione). In questo caso i vantaggi che avremmo sarebbero:
  • maggiore flessibilità
  • minore esposizione agli attacchi speculativi rispetto ad un vero e proprio ritorno alla lira

Conclusioni

In conclusione, dopo avere visto i pro e contro di uscire dall’euro, possiamo dire che non è semplice prendere una decisione univoca e sicuramente giusta e, a meno che non si abbiano doti di preveggenza, pesare quale tra le due soluzioni proposte sia migliore risulta assai difficile.
Forse l’idea che ci piacerebbe di più sarebbe quella di riuscire a cogliere il meglio delle due proposte, rimanendo in europa con la libertà di gestire l’euro come meglio pensiamo, ma abbiamo paura che questo non sia realizzabile, così come passeranno decenni prima che si diffondano mezzi di pagamento alternativi alla valuta (vi abbiamo parlato già di come funzionano i bitcoins, che potrebbero diventare uno dei mezzi di pagamento più comodi in futuro, ma è difficile sperare razionalmente che tutto ciò accada a breve).

Un tragico inganno sta paralizzando la vita del pianeta

17 gennaio 2013

Di Padre Quirino Salomone –
Oggi l’assillo è il Debito Pubblico, un tragico inganno che sta paralizzando la vita del pianeta. Mi auguro i destarci tutti come fossimo stati coinvolti nel gioco di “scherzi a parte”. Ma si può sapere a chi lo Stato deve tutti quei miliardi di cui si è indebitato? Alla Banca d’Italia, sì, perché se li fa prestare per la sanità, le opere pubbliche, la scuola, le pensioni, i titoli di stato in scadenza. Qui sta l’inganno. Se la Banca d’Italia è creditore nei confronti dello Stato, dove ha preso i soldi che ha prestato? La teoria economica classica ci insegna che le banche prestano i soldi che hanno ricevuto in deposito dai risparmiatori. Ma noi non abbiamo depositato tutti questi soldi. È evidente che “qualcuno” ha creato del denaro. E’ stato creato dal nulla dal sistema finanziario.
Non è questione di conio ma di appropriazione di tutta la mole di moneta emessa. La banca presta moneta allo Stato, lo indebita e lo stato riconosce e garantisce il debito emettendo i cosiddetti “titoli del tesoro”, Bot, Cct, ecc. che alla scadenza dovranno essere ripagati, interessi compresi, facendo ricorso nuovamente allo strumento del prestito, in una spirale senza fine, della quale non si vede l’uscita (infatti il debito cresce continuamente).
Il semplice cittadino, invece, deve garantire il debito che contrae con garanzie reali, ipotecando case, terreni, proprietà, che finiranno nelle mani dei banchieri in caso di insolvenza. Ma se i soldi fossero stampati dallo Stato, questi non sarebbe ricattabile da organismi internazionali come la Bce. Ci fu una richiesta di convertire le monete da uno e due euro in cartamoneta anziché metalliche, Duisenberg, rispose ufficialmente a Draghi/Tremonti che per lui non c’era alcun problema, purché fosse “chiaro a Draghi e Tremonti che in questo modo la Banca d’Italia avrebbe perso il reddito da signoraggio derivante dall’emissione delle monete da uno e due euro”, quindi il reddito da signoraggio è smascherato, visto che è ripartito come competenza fra banca centrale europea e banche nazionali.
La moneta non viene emessa dallo Stato, per cui sono le banche a governare il paese, e non la politica. I politici sono asserviti ai banchieri. Ciò è confermato dalle leggi che disciplinano le banche, ove è evidente che il governo non ha nessun potere su Banca D’Italia, né di controllo né di nomina degli amministratori. Basti pensare che la Bce è un’istituzione indipendente dalla Comunità Europea, con più poteri addiritturadello stesso parlamento europeo. Gli amministratori della Bce sono svincolati dai governi, non rispondono penalmente e civilmente praticamente a nessuno e godono addirittura di immunità superiori a quelle dei parlamentari europei. In poche parole: la finanza europea dipende dalla Bce. I grandi gruppi bancari avranno in mano non solo beni materiali come oro, diamanti, petrolio, ma anche risorse primarie, come acqua ed energia elettrica.
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Servizio Pubblico alle Banche Private

16 gennaio 2013

Di Riccardo Pizzirani -
La Propaganda lavora su due leve: Emozione ed Omissione. Emozione per confondere e per complicare tutti quei ragionamenti che in realtà sarebbero molto semplici. Omissione perchè se di un argomento non si parla, allora non c’è nemmeno bisogno di mentire al riguardo; un argomento scomodo semplicemente scompare.
Ma cosa accade quando c’è un ospite indipendente, che parla in modo calmo, è preparato, e affronta una sequela di argomenti taboo? E’ quello che è successo l’altra sera nel bel mezzo di Servizio Pubblico, durante lo scontro-farsa Berlusconi-Santoro: come ospite è stata portata Francesca Salvador, di Vittorio Veneto, professione imprenditrice
Una persona seria e preparata che s’è messa a criticare l’operato del governo che aiuta le banche e non le persone, parla di come si veda una chiara volontà politica dell’1% che detiene il potere si arroga il diritto di vita e di morte sul restante 99% del popolo. Silenzio in sala. Arriva anche la critica a Berlusconi, di come ci abbia lasciato in mano di un gruppo di personaggi su libro paga Goldman Sachs. Perché lasciarci a Mario Monti, chiede la Salvador, quando si sapeva benissimo che Monti è uomo Trilaterale, uomo Aspen, uomo Goldman Sachs? Ci mancava solo che la Salvador facesse presente il ruolo di Monti nel Comitato Direttivo del Gruppo Bilderbergs e avremmo fatto tombola! Meglio non rischiare che passi anche questa informazione, così Sant’Oro pensa bene di cambiar discorso per arginare i danni. Male, molto male, perchè la Salvador spiega che la soluzione è facilissima, a patto di avere la volontà politica di attuarla: Riprenderci la sovranità monetaria. La moneta come bene comune deve appartenere a noi cittadini, e il fatto che nel tempo ce l’abbiano scippata e che questi governi ce l’abbiano venduta, è per questo che il governo italiano deve andare all’estero a comprare moneta estera e pagarla a banchieri privati per poter fare welfare in italia è assurdo. Tutto questo in prima serata, e proprio nella trasmissione in cui lo share è al 33%!
Berlusconi ovviamente coglie l’occasione per tirare l’acqua al suo mulino, nonostante siano 30 anni che abbiamo perso la sovranità monetaria lui risfodera la vecchia arma di dar la colpa all’Europa e all’Euro. Anzi, lui che è così europeista e che incensa la grandezza del progetto europeo è dispiaciuto che si sia arrivati a questo, e che se si facesse un referendum oggi la gente voterebbe per uscire dall’europa… con risultati catastrofici.
Interviene ancora l’imprenditrice, interrompendo: lei sta dicendo una cosa non vera! Ci stanno mantenendo nell’euro perchè hanno paura, disperatamente paura, perchè sanno che se esce l’italia potrebbe crollare tutto il resto, ma per l’italia sarebbe una salvezza. Perchè l’europa che lei dice non esiste, e non esisterà mai su queste premesse, questa non è un europa dei popoli… e ora arriva la mazzata finale: la BCE non potrà mai fare quello che dice lei perchè la BCE è privata, ma quale banchiere si fa portar via di mano i 40, 50, o 60 miliardi che ogni anno noi dobbiamo pagare alla finanza internazionale per il nostro debito pubblico? Perchè non viene detto che il debito pubblico come viene raccontato è una truffa?
Interviene Sant’oro: “fermi, fermi qua, lei mi sta conducendo la trasmissione su…” sugli argomenti veri, Sant’oro.
Allora perchè non ricordare anche quell’altra bella scena, nel febbraio 2012, quando Sant’oro tolse la parola anche a Tremonti?
“C’è una tregua finanziaria perché la BCE stampa moneta, la presta alle banche all’1% e le banche la prestano agli Stati al 5-4-6% e alle famiglie all’11%. Le sembra il sistema giusto?” Sant’oro interviene, ma il ministro va avanti: “E poi ripeto, stampa moneta. Siccome nessun pasto è gratis, tranne forse per le banche. Chi paga? I cittadini”. Ops, la frittata è fatta. “Fermiamoci, approfondiamo dopo”. Come no, non solo non si è approfondito per niente, ma addirittura la frase sulla stampa di moneta, cibo gratis per le banche pagato dai cittadini è stato tagliato quando il video della trasmissione è stato caricato sul canale Youtube di “Servizio Pubblico”. (http://youtu.be/ovmCxx_sVww)
Sarà un caso ma quando si va a parlare di guadagno sulla stampa di moneta, o sulla truffa del debito pubblico, il discorso viene interrotto. Ma di certo con i tempi concessi non si poteva fare di meglio.
A questo punto, visti gli spazi che si lasceranno agli invitati per i loro interventi, mi permetto di suggerire di quale argomento si potrebbe parlare con quei 10-15 secondi a disposizione prima di essere interrotti: l’Italia è in avanzo primario, questo significa che le entrate delle tasse sono maggiori delle uscite. A meno dell’interesse sul debito. E siccome nell’ultimo anno il debito è cresciuto di altri 80 miliardi, stiamo contraendo altri debiti per pagare l’interesse sui debiti precedenti! Così, come ne usciamo?
Riccardo Pizzirani (Sertes)
Un ringraziamento a:
http://www.barbadillo.it/francesca-salvador-limprenditrice-sovranista-che-spiazza-santoro-e-il-cavaliere
http://maxsomagazine.blogspot.it/2012/02/tremonti-parla-del-signoraggio-bancario.html
Articolo originale

Ferdinando Imposimato: “Gruppo Bilderberg dietro alle stragi di Stato italiane”

15 gennaio 2013


Il Gruppo internazionale Bilderberg implicato nelle stragi degli anni Settanta e Ottanta in Italia operate prima dai nuclei terroristici neri e poi dalla mafia. A rivelarlo è il Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, durante la presentazione napoletana del suo nuovo libro “La repubblica delle stragi impunite”.
“Ormai sappiamo tutto della strategia del terrore, che fu attuata dalla struttura Gladio (Stay Behind) in supporto ai servizi segreti (non deviati) italiani” conferma Imposimato “La strategia serviva a scoraggiare l’instaurarsi di governi di sinistra ed era orchestrata dalla Cia”.

Facebook e Anonymous cavalli di troia del Nuovo Ordine Mondiale?

7 aprile 2012

Se fino ad adesso pensavi di essere libero, ora pensa che in realtà stai vivendo ipnotizzato e ancora non hai aperto gli occhi su come va effettivamente il mondo. Per prima cosa devi riconoscere che sei uno schiavo e poi smettere di agire come tale. Nonostante tutta la censura che oggi c’è nel mondo, e mi riferisco alla libertà d’informazione controllata dal mainstreaming, ancora ci resta un posto dove possiamo in qualche maniera liberare il nostro pensiero, prendendo e condividendo quello che ci serve e gradualmente, esprimere la nostra opinione. Questo posto è internet: l’ultimo brandello di libertà che ancora ci resta.
Come richiamare l’attenzione delle autorità affinchè cambino le leggi che sono arcaiche ed obsolete? Come comportarsi di fronte a l’ingiustizia dei nostri Governi, i quali considerano solo coloro che hanno potere (economico) disinteressandosi se siano delinquenti o no, e che allo stesso tempo dimenticano chi ha nulla o poco, cioè l’immensa maggioranza dei cittadini che costituiscono ogni nazione del pianeta? Come muoversi contro la censura? Negli articoli precedenti abbiamo visto le armi che usa il “Governo Invisibile” per controllare la vita degli esseri umani, trascinandoli verso il suo abominevole “nuovo ordine mondiale”.
Ci troviamo nel mezzo di una guerra silenziosa e giorno dopo giorno siamo attaccati senza rendercene conto. Con l’aiuto di Dio, quello di tutti, speriamo che questa situazione non continui così. Da 5 anni i governanti delle maggiori potenze stanno cercando di applicare metodi e sistemi di controllo ad internet. Senza dubbio il modo col quale desiderano farlo è totalmente ingiusto e va contro il buon senso e la libertà delle persone. Vogliono restringere il libero fluire dell’informazione … vogliono chiudere internet. Però che succederebbe se tutta questa informazione, più preziosa di tutto l’oro del mondo, da un momento all’altro fosse censurata, secretata, frammentata, squartata e manipolata ad hoc dalla elite globale? L’incubo è già cominciato però ancora non si è completamente esteso.
Qualcosa che probabilmente non sapevi su Facebook
Ricordo molto tempo fa, quando ero in cerca di lavoro tra il 90’ e il 95’, internet ancora non esisteva o era ancora in fasce. La ditta che mi convocò necessitava di venditori per i suoi corsi e i suoi libri di inglese che utilizzavano il metodo ipnopedico. Fino a qui tutto bene. Il problema cominciò quando ci diedero un questionario di 5 pagine da riempire e restituire al personale. Quando ebbi il suddetto questionario tra le mani, non riuscii a smettere di indignarmi leggendo domande quali: “introduca il nome dei suoi nonni e la loro età”; “quante volte è uscito dal paese?”; “quali e quante volte alla settimana usa i mezzi di trasporto?”; “qual è il suo orientamento sessuale?”; qual è il suo giornale preferito?”; “ ha animali? Li elenchi”; “che luoghi frequenta nel tempo libero?”, e un lungo eccetera.
Distrussi il questionario davanti agli occhi attoniti di colei che li doveva valutare. Non ero disposto a fornire i miei dati personali a una impresa che non conoscevo che mi chiedeva dei miei animali domestici. Nonostante so che la maggioranza sarà d’accordo col mio comportamento, oggi, e dal giorno in cui cominciarono ad apparire le reti sociali conosciute come Facebook, MSN, Skype, Wayn, Hi5 ecc., le informazioni non te le chiedono più … le dai di tua spontanea volontà! Ed inoltre a gratis.
A proposito di queste reti sociali, Facebook è una delle maggiori per la quantità di membri in tutto il mondo. Già conta 250 milioni di utenti. Perché cresce cosi rapidamente e in forma esponenziale il numero di membri di questa comunità? Potremmo analizzarlo da molti punti di vista, però non è il fine di questa ricerca. Non mi preoccupa il suo creatore e l’ingente quantità di denaro che guadagna. Mi preoccupa chi realmente ha interesse a tante informazioni da parte di così tanta gente; chi le maneggia ed a che scopo, e mi preoccupa soprattutto il diritto alla privacy. Tecnicamente la privacy finisce ogni volta che il tuo PC si connette alla rete. Già c’è qualcuno che sa tutto quello che hai fatto in essa, dal momento che sei entrato a quello in cui sei uscito.
Mark Zuckerberg è il creatore ufficiale di Facebook ed inoltre la faccia visibile ed amabile dell’impresa, però è solo il supposto genio creatore dell’applicazione e niente più. Un dato che comincia ad essere preoccupante è a riguardo di uno dei suoi investitori. Peter Thield che possiede il 7% delle azioni di Facebook è chi ha realmente importanza. Questo uomo ha una particolare visione del mondo: egli è contrario alla Natura. La vita è corta -dice-, amara e dura per la maggior parte delle persone. Thield con René Girard pensa che l’essere umano è un imitatore nato. Questi due facendo uso delle proprie capacità professionali, intellettuali e del denaro, applicano questi concetti alle teorie del mercato, investendo milioni di dollari in questa rete sociale, che apparentemente non vende niente ma in realtà è una delle maggiori imprese di lucro finanziario. Come fa? Non credo che il suo fine ultimo sia rimpiazzare il mondo reale con uno virtuale, prendendo in considerazione il pensiero fatalista che Thield ha riguardo alla vita, la verità è che questo poco importa. Ciò che ha importanza è l’enorme database di cui dispone. Il modo geniale di ottenere informazioni gratis da parte della gente è frutto del lavoro di professionisti nel campo della psicologia, economia, pubblicità e del disegno grafico digitale che hanno sviluppato la famosa rete sociale.
Quell’individuo che decide di creare un profilo in Facebook e che comincia a interagire con altre persone è bombardato con una serie di domande talmente innocenti e semplici che inondato l’interfaccia dell’applicazione. La prima opzione gli mostra la possibilità di cercare e trovare amici della scuola o dell’università che non vede da tempo. Mentre lo fa, appaiono innumerevoli risultati associati al nome introdotto. Cercando il contatto con quella persona che si cercava o con qualunque altra, riceve molte opzioni, tra queste anche “festa di ri-incontro virtuale”. Dopo gli arrivano una quantità di inviti a inviare fiori, lettere, saluti di ogni tipo, oggetti, disegni, ecc.; tutti virtuali. Inoltre gli viene offerto un servizio di consegne a domicilio, previo pagamento del prodotto con la sua carta di credito. Il seguente video mostra ironicamente la realtà dell’interazione. Il resto succede quasi logicamente. Cominciano una serie di domande dopo il felice incontro. Intanto, altre persone sono testimoni di questo evento, e danno le loro opinioni approvando o no ciò che stanno vedendo. Perciò “etichettano” il protagonista. Come potete apprezzare nel video, la catena è interminabile e il guadagno di denaro per Thield e Zuckerberg anche. Il successo di questi geni è la vendita di relazioni umane. Si , proprio le stesse che si stanno perdendo.
Il comportamento nella rete delle persone è diverso. In essa sono tutti sfrontati e non temono niente. Chiaramente tutta quella temerarietà è scrupolosamente registrata ed immagazzinata da chi meno te lo aspetti. Ciò che forse non sai è che Facebook ha venduto e vende parte dei propri database ottenuti dai profili di milioni di persone a precise imprese. Tutto questo perché tu lo hai voluto così. Adesso Facebook conosce i tuoi gusti, le tue preferenze e le vende, senza che tu ne guadagni nulla. Sembra che per questo Thield ha ragione nell’immaginare l’umanità come pecore. Personalmente mi sono sganasciato dalle risate quando qualcuno una volta mi disse che aveva più di 4000 amici in questa rete sociale. Durante la mia vita ho ottenuto solo 2 amici veri. Chi di voi ha almeno 10 amici reali? Qui sta il trucco: la necessità di essere ascoltati, e il peggio è che dall’altro lato dello schermo, nessuno ti conosce. È il grande successo di questa impresa: vendere relazioni umane. Questi supposti amici che assommi online sono giustamente raggruppati come pecore non per amicizia, ma per gruppi di preferenza e gusti per il profitto e il lucro di qualcun altro. Se avresti la geniale idea di parlare sul tuo profilo di un musical o semplicemente di una serie TV o film, il sistema lo viene a sapere, e ti invia suggerimenti di altri film, musical, libri o altro che sia relazionato col tuo film preferito. Una cosa è sicura: quando apri un profilo su Facebook o qualunque altra rete sociale, sfortunatamente non puoi chiuderla più. Per il momento sembrerebbe tutto relativamente tranquillo, giusto? Però analizziamo altri fattori importanti che evidenziano che queste reti sociali non sono utili solo ad alcuni per fare soldi, ma lo sono anche alle agenzie di intelligence che si appropriano delle tue informazioni con scopi affatto buoni.
La CIA ha interesse nell’avere un milione di amici
La CIA, famosa per i suoi oltraggi, assassinii e interventi in mezzo mondo, creò un programma computerizzato chiamato “CARNIVORE”, che funziona in maniera molto similare a Facebook. Semplicemente introducendo il nome del sospetto il programma restituiva dati sensibili come per quanto tempo ha usato la rete, le pagine visitate, le preferenze, i gusti ecc.
Avevano la capacità di tracciare un determinato profilo psicologico dell’individuo. In seguito crearono un database con persone aventi caratteristiche simili. L’applicazione era efficace ma molto lenta. La maniera di aggirare il problema nell’ottenere informazioni e diminuire il tempo di raccoglierle fu geniale. La creazione di Facebook. Ma anche se non lo crearono loro ma Zuckerberg è uguale. Non ho nessun dubbio che Facebook sia in mano della CIA e del nuovo ordine mondiale da molto tempo. Qui probabilmente entra in gioco la ditta In-Q-Tel, società creata per scoprire talenti nell’alta tecnologia, reclutarli e finanziarli. Il dirigente di questa impresa è Howard Fox, che risulta essere a capo di progetti di comunicazione della CIA. Ci sono molte informazioni interessanti sui capitali investiti e la loro portata, ma la realtà è che Facebook è diventato ciò che è grazie ad investimenti di capitali da parte della CIA. Essi già non devono più investire denaro per creare i propri mezzi di vigilanza. Gli basta monitorare il mercato e quando scoprono un imprenditore con una idea geniale che si adatta alle loro oscure pretese, lo finanziano e il gioco e fatto.
Nonostante Facebook non ti lascia l’opportunità di cancellare ne i tuoi dati ne le tue foto, dei quali sicuramente gli hai ceduto il controllo a tempo indeterminato, esiste un gruppo di ribelli che non sono disposti a tollerare certe pratiche. Si fanno chiamare “Anonymous “. Però la loro apparente lotta contro il sistema può essere un attacco sotto copertura e un “false flag” da parte dell’elite e del suo Governo Invisibile.
Anonymous : eroi, furfanti o cavalli di Troia dell’elite?
La notizia dell’apparizione di un gruppo di hackers sta facendo scalpore nei notiziari in tutto il mondo. Si fanno chiamare Anonymous. Nonostante questo gruppo si auto-classifichi come combattente per la libertà e gli interessi della popolazione mondiale, ci piaccia o no, le sue attività sono fuorilegge. La sua principale caratteristica è perpetrare attacchi nel ciberspazio a entità pubbliche o private, e in generale alle istituzioni e persone che spingono politiche ingiuste o lontane dalle necessità della popolazione di quel paese. Questo gruppo di ribelli virtuali dice di lottare per gli oppressi e dimenticati, quelle persone normali di classe media che sono anonimi nei meandri della società, che però senza dubbio, ogni giorno vengono umiliati e si ritrovano senza difese dinnanzi ai propri rispettivi governi.
Anonymous è un movimento di ciber-attivisti clandestini e il numero dei suoi membri è sconosciuto. Questi hackers sono acclamati come rockstars dalla massa, perché stanno “lavorando” –secondo loro- in favore della rivendicazione dei diritti delle persone. Fino ad ora hanno attaccato i siti web di Sony-Japan e Play Station, i profili twitter dei presidenti Rafael Correa dell’Ecuador e Juan Manuel Santos della Colombia. Allo stesso modo Anonymous lanciò un avvertimento di attacco ai governi di Cile e Perù per appoggiare l’agenda dei capi del mondo, secondo le loro stesse parole. Il sito del Pentagono, i server della NATO, la metro di San Francisco (USA), il sito di Master Card e Visa, 70 agenzie di polizia negli stati uniti, il sito del governo della Malesia, il sito del ministero dell’energia cileno, diversi siti del governo di Tunisi, Egitto e Brasile, tra molti altri paesi, per il momento non sono stati toccati da attacchi virtuali. Anonymous comincio la sua lotta a seguito della rappresaglia subita da WikiLeaks, dichiarando guerra a tutti coloro che non appoggiarono Julian Assange. Gli attacchi hanno come fine il saturare di connessioni “spazzatura” diversi siti web mondiali. Ciò si ottiene inviando numerose richieste al server di un determinato sito contemporaneamente. Quando si sorpassa la capacità di banda si ha una saturazione del server e questo lo disabilita. Hanno un motto o un grido di guerra e dice cosi: “siamo Anonymous!”; “siamo tutti, siamo uno!”; “siamo una legione!” Non perdoniamo. Non dimentichiamo.”
Una serie di video caricati su Youtube e la copertura del mainstreaming dell’informazione dimostrano che sono prese molto sul serio le minacce di questi hackers, ma chiunque siano, perché proprio adesso? Perché decidono di lanciare questi tipi di attacchi a basso impatto? Loro stessi dicono che non vogliono causare danni; senza dubbio, con tutto ciò che sappiamo sulla CIA e sulle sue azioni commesse nel passato, avremmo un motivo più che giustificato per disabilitare per sempre i suoi database, non è vero? Perché non lo fanno? Potremmo chiedere. Dopo anni di investigazione, dopo aver sentito diversi testimoni ed essere come voi testimoni delle bugie dei governi, non posso che arrivare alla conclusione che Anonymous è semplicemente un cavallo di Troia inviato dall’elite che vuole instaurare il nuovo ordine mondiale chiudendo per sempre internet o, almeno, controllarlo totalmente. La stessa impressione l’ho avuta con WikiLeaks, e mi spinse a scrivere un articolo su Julian Assange, che sembra essere una vittima o a volte un agente doppio del progetto MK Ultra.
Per quel che riguarda Assange, mi sembra quasi incredibile che una sola persona possa disporre di una tale quantità di dati segreti. Se non si è notato ancora, tutti quei documenti confidenziali mettono tutti contro tutti, dato che sembrano più di sospetti agli occhi dei coinvolti. Così il governo degli Stati Uniti ha già una scusa per voler controllare o chiudere internet.
Adesso appare Anonymous e i suoi attacchi alla rete, più che aiutare, danno maggiori motivazioni per chiudere internet. Le sue azioni sembrano essere un attacco “false flag” del governo invisibile contro l’umanità già schiavizzata. Se si va indietro di una trentina di anni e si prosegue fino al 2000, gli hackers di quel periodo che cercarono di ottenere dati dal governo e/o che volevano semplicemente curiosare sono stati arrestati e alcuni anche per anni, multati con forti ammende e ingiunti di avvicinarsi ad un PC per il resto della vita. Essi non causarono nulla di grave che si potesse identificare come una minaccia alla sicurezza nazionale. Perché proprio ora questo gruppo spunta fuori e crea questo danno? Perché esso è quel che è. Alla lunga che il sito del governo, della NATO o del Pentagono siano attaccati, non fa altro che riaffermare la volontà da parte delle entità autoritarie di chiudere internet. Daniel Estulin, il famoso scrittore che senza paura rese pubblica l’agenda segreta del gruppo Bilderberg, lanciò il suo nuovo libro intitolato “Smontando WikiLeaks”, nel quale afferma che la CIA ha come obiettivo chiudere internet e che WikiLeaks è la miglior arma per riuscirci. Estulin mette in relazione le persone e le entità che finanziano il sito di Assange, ed i loro forti vincoli e connessioni con la CIA. Senza dubbio, prima di riuscire a controllare internet, hanno bisogno di sapere tutto su di te. Per questo hanno teso un’innocente ma sofisticata trappola per riuscirci e sono molto più vicino di quello che immagini.
Anonymous, come WikiLeaks, crea molti dubbi. Possono davvero alcuni hackers entrare nel sito del pentagono o della NATO con tanta facilità e uscirne impuniti?

Pubblicato su Russia Today e sul sito di Daniel Estulin
Tradotto per L’Alternativa da Alessio “rutz” Torrieri
Visto su http://www.informarexresistere.fr

Sorveglianza mondiale?

25 settembre 2012

Di Gianni Lannes -
Internet: simbolo di libertà o emblema del controllo totale? Isaac Asimov, scrittore di fantapolitica direbbe che era tutto preventivato sin dalla fine degli anni Settanta. Prima vi alfabetizziamo tecnologicamente e poi vi controlliamo comodamente.
Si sa: la Rete è stata confezionata appositamente per l’esercito a stelle e strisce ed è nata per supportare un bombardamento nucleare. Nicholas Negroponte in “Essere digitali” esemplifica: “Fino agli ’80 i processori erano patrimonio esclusivo dei militari e delle multinazionali. Ma l’enorme diffusione mondiale dei personal computers non ha sottratto agli ambienti militari la leadership ed il controllo in materia di informatica e telecomunicazioni. Anzi, lo ha accresciuto”.
Meravigliosa Rete: le società che erogano il servizio lo gestiscono, l’uomo della strada lo usa e gli immancabili agenti dell’ordine lo controllano. Esatto: il potere esercita il dominio anche attraverso l’ignoranza. Non a caso esiste un accordo tra NSA, Microsoft ed Ibm (già in affari con il terzo Reich).
SuperNap – Nel bel mezzo del deserto del Nevada puoi toccare con mano addirittura la parte fisica di Internet. In un immenso capannone bianco ad una manciata di chilometri da Las Vegas si staglia il più potente data center degli Stati Uniti d’America. In questo groviglio strategico di server c’è Google e fanno capolino perfino i 9 milioni di account della posta italiana di Libero. In loco, infatti, si accumulano segreti e dati processati giornalmente. Perfino i messaggi di posta Gmail passano da questo crocevia controllato dalla Telco, a sua volta sotto la regia del Pentagono. Switch è la società che controlla il super network access point rilevato dalla Enron dopo il crac. Nessuna preoccupazione?
Echelon – Il termine deriva dal francese antico eschelon, a sua volta dal tardo latino scala, da cui scalino, ma anche reticolato a gradinata, scaglione, e infine, “gruppo di unità singole non allineate”.
Lo Zio Sam sapeva tutto di Tangentopoli ancor prima che scoppiasse Mani Pulite. E come, secondo voi? Finita almeno ufficialmente la Guerra Fredda, se ne aprì un’altra, sotterranea ed economica. Nella black list finì l’Europa, temibilissima competitor degli Usa. In uno scenario di debolezza politica del vecchio continente e di competizione economica esasperata all’interno del Patto Atlantico, l’eterodiretto presidente Ronald Reagan ispirò e finanziò nuove tecnologie delle intercettazioni ed impose una svolta al Patto Ukusa, l’accordo siglato tra Usa e Gran Bretagna nel 1948 per la Sigint.
La Casa Bianca iniziò ad inviare nello spazio i Vortex, nuovi satelliti spia, posizionati sopra all’equatore. Così è nato il progetto P 145, ovvero Echelon, specializzato sulla Comint. Già nel 1984 con una di queste antenne in orbita gli alleati potevano filmare un francobollo caduto per terra a Canicattì. Ben presto la nuova guerra fredda ribaltò gli scenari e così i fedeli partner europei vennero considerati nemici dagli Usa. Dall’Unione Sovietica i controlli si estesero ai capi di Stato europei, ai primi ministri e ad interi governi, sua santità compreso, alle aziende europee considerate strategiche (da noi Alenia ed Eni) fino a spiare le organizzazioni non governative quali Greenpeace, Amnesty International, eccetera. Oggi ci sono un centinaio di satelliti spia che lavorano per Echelon. Secondo il rapporto Stoa del Parlamento europeo “Echelon fa parte del sistema congiunto di intelligence angloamericano, ma diversamente dai sistemi di spionaggio elettronico sviluppatisi durante la guerra fredda, Echelon punta essenzialmente a obiettivi non militari: attività governative, di organizzazioni e di imprese in praticamente tutti i paesi europei”.
Enfopol – I piani di sorveglianza sono stati messi a punto un dozzina di anni fa. Secondo l’istituto britannico Statewatch esistono accordi segreti sotto forma di “Memorandum of Understanding Concerning the Lawful Interception of Telecommunications (Enfopol 112, 10037/95). Ufficialmente gli accordi servono alla lotta contro le organizzazioni criminali ed alla protezione della sicurezza nazionale. L’aspetto cruciale di questo sistema è di registrare automaticamente ogni scambio di informazione, sia tramite telefono e posta elettronica, per poi essere trasmessi alle istituzioni di intelligence interessate. Anche in questo caso esistono accordi segreti con le industrie del ramo. I progetti di controllo e sorveglianza globale sono stati sviluppati dal 1991 nell’ambito della conferenza di Trevi dei ministri dell’UE e si sono concretizzati nel 1993 a Madrid. Questo memorandum è stato sottoscritto dai rispettivi ministri della giustizia e degli interni di tutti gli stati dell’unione europea il 23 novembre 1995. Enfopol è al di sopra del controllo parlamentare.
Portaerei Italia – Nel 1999 il garante della privacy, tale Stefano Rodotà denunciò pubblicamente: “Gli Stati Uniti continuano a tacere sul sistema supersegreto di spionaggio civile denominato Echelon. E’ un sistema che sfugge ad ogni controllo”. Infatti, Echelon è l’ultima frontiera dello spionaggio elettronico, un sofisticatissimo sistema di intercettazioni planetario in grado di insinuarsi ovunque, anche in Puglia.
Da quella base Usaf nascosta ad una manciata di chilometri da Brindisi (agro di San Vito dei Normanni) in mezzo agli ulivi e circondata da piantagioni di carciofi, vigneti e selve di ulivi, i nordamericani hanno spiato il mondo intero, Italia compresa, controllando e impartendo ordini a tutte le forze armate degli Usa e dei Paesi alleati. Poi nel 2004 è stata dismessa, anzi abbandonata (poiché pericolosamente inquinata) e ceduta all’Aeronautica militare tricolore per la cifra simbolica di un dollaro. Tant’è che l’Arma Azzurra ha impedito agli ispettori dell’Arpa Puglia di mettervi piede. Dietro quel filo spinato invalicabile steso attorno al gigantesco cerchio metallico si nascondeva un potente terminale della più grande e più sofisticata rete di spionaggio elettronico. I militari di stanza a San Vito dei Normanni erano inquadrati nel “6917 Electronic Security Squadron” e nel “2113 Communications Squadron”, due unità altamente specializzate nell’arte di carpire segreti militari, politici ed industriali. Questa rete di intercettazioni ha avuto un ruolo nella strage di Ustica, nel delitto Moro e tanto altro ancora.
Le nuove tecnologie di sorveglianza sono usate senza scrupoli per tracciare le attività di dissidenti, attivisti dei diritti umani, giornalisti, leader studenteschi, minoranze attive, leader sindacali e oppositori politici. Allora, sotto dittatura chi controlla i controllori?

Articolo originale: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/09/fiat-monti-di-fondi-neri.html

Facebook: il ministero degli Interni ha ottenuto le chiavi per entrare nei profili

16 ottobre 2012

Di Spidertruman -
Senza dirlo a nessuno il ministero degli Interni italiano ha ottenuto dai vertici di Facebook le chiavi per entrare nei profili degli utenti anche senza mandato della magistratura. Una violazione della privacy che farà molto discutere.
Negli Stati Uniti, tra mille polemiche, è allo studio un disegno di legge che, se sara approvato dal Congresso, permettera alle agenzie investigative federali di irrompere senza mandato nelle piattaforme tecnologiche tipo Facebook e acquisire tutti i loro dati riservati.
In Italia senza clamore, lo hanno già fatto. I dirigenti della Polizia postale due settimane fa si sono recati a Palo Alto, in California, e hanno strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che prevede la possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine del social network senza dover presentare una richiesta della magistratura e attendere i tempi necessari pei una rogatoria internazionale. Questo perchè, spiegano alla Polizia Postale, la tempestività di intervento è fondamentale per reprimere certi reati che proprio per la velocita di diffusione su Internet evolvono in tempo reale.
Una corsia preferenziale, insomma, che potranno percorrere i detective digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla pedopornografia, al phishing e alle truffe telematiche, ma anche per evitare inconvenienti ai personaggi pubblici i cui profili vengono creati a loro insaputa. Intenti forse condivisibili, ma che di fatto consegnano alle forze dell’ordine il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali senza che sia necessaria l’autorizzazione di un pubblico ministero. In concreto, i 400 agenti della Direzione investigativa della Polizia postale e delle comunicazioni potranno sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di Facebook.
Ma siamo certi che tutto ciò avverrà nel rispetto della nostra privacy? In realtà, ormai da un paio d’anni, gli sceriffi italiani cavalcano sulle praterie di bit. Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e persino i vigili urbani scandagliano le comunità di Internet per ricavare informazioni sensibili, ricostruire la loro rete di relazioni, confermare o smentire alibi e incriminare gli autori di reati. Sempre più persone conducono in Rete una vita parallela e questo spiega perche alle indagini tradizionali da tempo si affianchino pedinamenti virtuali. Con la differenza che proprio per l’enorme potenzialità del Web e per la facilità con cui si viola riservatezza altrui a molto facile finire nel mirino dei cybercop: non è necessario macchiarsi di reati ma basta aver concesso l’amicizia a qualcuno che graviti in ambienti “interessanti” per le forze dell’ordine.
A Milano, per esempio, una sezione della Polizia locale voluta dal vicesindaco Riccardo De Corato sguinzaglia i suoi “ghisa” nei gruppi di writer, allo scopo di infiltrarsi nelle loro community e individuare le firme dei graffiti metropolitani per risalire agli autori e denunciarli per imbrattamento. Le bande di adolescenti cinesi che, tra Lombardia e Piemonte, terrorizzano i connazionali con le estorsioni, sono continuamente monitorate dagli interpreti della polizia che si insinuano in Qq, la più diffusa chat della comunità. Anche le gang sudamericane, protagoniste in passato di regolamenti di conti a Genova e Milano, vengono sorvegliate dalle forze dell’ordine. E le lavagne degli uffici delle Squadre mobili sono ricoperte di foto scaricate da Facebook, dove i capi delle pandillas che si fanno chiamare Latin King, Forever o Ms18 sono stati taggati insieme ad a ltri ragazzi sudamericani, permettendo cosi agli agenti di conoscere il loro organigramma. Veri esperti nel monitoraggio del Web sono ormai gli investigatori delle Digos, che hanno smesso di farsi crescere la barba per gironzolare intorno ai centri sociali o di rasarsi i capelli per frequentare le curve degli stadi. Molto più semplice penetrare nei gruppi considerati a rischio con un clic del mouse.
Quanto ai Carabinieri, ogni reparto operativo autorizza i propri militari, dal grado di maresciallo in su, ad accedere a qualunque sito internet per indagini sotto copertura, soprattutto nel mondo dello spaccio tra giovanissimi che utilizzano le chat per fissare gli scambi di droga o ordinare le dosi da ricevere negli istituti scolastici. Mentre, per prevenire eventuali problemi durante i rave, alle compagnie dei Carabinieri di provincia è stato chiesto di iscriversi al sito di social networking Netlog, dove gli appassionati di musica tecno si danno appuntamento per i raduni convocando fans da tutta Europa. A caccia di raver ci sono anche i venti compartimenti della Polizia postale e delle comunicazioni, localizzati in tutti i capoluoghi di regione e 76 sezioni dislocate in provincia. «Il nostro obiettivo è quello di prevenire i rave party prima che abbiano inizio», spiegano, «e per questo ci inseriamo nelle comunicazioni tra organizzatori e partecipanti, nei social network, nei forum e nei biog». Così può capitare che anche chi ha semplicemente partecipato ad una chat per commentare un gruppo musicale finisca per essere radiografato a sua insaputa.
In teoria queste attività sono coordinate dalle procure che conducono le indagini su singoli fatti o su fenomeni più ampi. I responsabili dei social network non ci tengono a farlo sapere e parlano di una generica offerta di collaborazione con le forze dell’ordine per impedire che le loro piattaforme favoriscano alcuni delitti. Un investigatore milanese rivela a “L’espresso” che, grazie alle autorizzazioni della magistratura, da tempo ottiene dai responsabili di Facebook Italia di visualizzare centinaia di profili riservati di altrettanti utenti, riuscendo persino ad avere accesso ai contenuti delle chat andando indietro nel tempo fino ad un anno. Chi crede di aver impostato le funzioni di riservatezza in modo da non permettere a nessuno di vedere le foto, i post e gli scambi di messaggi con altri amici, in realtà, se nel suo gruppo c’e un sospetto, viene messo a nudo e di queste intrusioni non verrà mai a conoscenza.
E non sempre l’autorità giudiziaria viene messa al corrente delle modalità con cui vengono condotte alcune indagini telematiche. Un ufficiale dei Carabinieri, che chiede di rimanere anonimo, ammette che certe violazioni della legge sulla riservatezza delle comunicazioni vengono praticate con disinvoltura: «Talvolta», spiega l’ufficiale. «creiamo una falsa identità femminile su Fb, su Msn o su altre chat, inseriamo nel profilo la foto di un carabiniere donna, meglio se giovane e carina, e lanciamo l’esca. II nostro carabiniere virtuale tenta un approccio con la persona su cui vogliamo raccogliere informazioni, magari complimentandosi per un tatuaggio. E in men che non si dica facciamo parte del suo gruppo, riuscendo a diventare “amici” di tutti i soggetti che ci interessano». Di tutta questa attività, spiega ancora l’ufficiale, «non sempre facciamo un resoconto alla procura e nei verbali ci limitiamo a citare una fantomatica fonte confidenziale». Da oggi, in virtù dell’accordo di collaborazione con Mark Zuckerberg siglato dalla Polizia, chi conduce queste indagini potrà fare a meno di avvisare un magistrato perchè «la fantasia investigativa può spaziare», prevede un funzionario della Polposta, «e le osservazioni virtuali potranno essere impiegate anche in indagini preventive».

Fonte: I segreti della casta – http://ki.noblogs.org/?p=5075

Il rischio del totalitarismo via internet

8 dicembre 2012
 
Di Umberto Rapetto - ilfattoquotidiano.it -
 
Dopo aver rappresentato il sogno della libertà, la Rete delle Reti è destinata ad incarnare il peggior incubo per chi la utilizza fino a prospettare l’ombra di un nuovo totalitarismo?
E’ Julian Assange, portavoce e non capo di Wikileaks, a parlare. Lo ha fatto, intervistato da Laura Smith, dinanzi alle telecamere dell’emittente anglofona russa RT (video in alto).
Le infrastrutture fisiche necessarie per implementare la tirannide telematiche sarebbero pronte. Deve compiersi solo l’operazione finale, quella con cui –ruotando la chiave nell’immaginario cruscotto della sala di controllo planetario– si avvia una macchina infernale in grado di intercettare e sorvegliare intere nazioni e non singoli soggetti.
Lo scenario, davvero poco rassicurante, è delineato nel libro “Cypherpunks. Freedom and the Future of Internet” in cui Assange disquisisce della libertà e del futuro di Internet.
Una precisazione. Perdonatemi, ma è d’obbligo. Il vocabolo con cui inizia il titolo identifica la sottospecie dei Cyberpunks a loro volta “figli” della cultura punk. Non eccessivamente nota a chi abita la Rete da poco o la vive –come la maggior parte degli internauti– in maniera troppo superficiale per sapere o capire che nei sotterranei digitali pulsa il cuore del dissenso. Nel volume sono dipinti come gli angeli custodi del cittadino, pronti a far uso della crittografia per tutelare la riservatezza costantemente insidiata dalle manovre oppressive dei diversi Governi. La comunità Cypherpunks non fa capo a qualche giovanotto trafitto dai piercing come un moderno San Sebastiano: il leader è un quasi ottantenne architetto di nome John Young, una sorta di jedy che costituisce il padre spirituale del “piccolo” Julian, ma questa è un’altra storia e non mancherà certo occasione per occuparcene.
Torniamo al volume e alle dichiarazioni del suo coautore. Sostanzialmente Assange ritiene cheinternet può ridurci in schiavitù e ribadisce che a poterlo fare sono i gestori delle intercettazioni, i controllori degli enormi data warehouse, i proprietari delle reti costituenti il tessuto connettivo internazionale, tutti in grado di eseguire il monitoraggio di idee, pensieri ed ogni altro genere di informazione.
Il testo –scritto con l’americano Jacob Applebaum, il francese Jeremie Zimmermann e il tedesco Andy Müller-Maguhn– propone l’alternativa utopistica della ricerca, della conquista e della dichiarazione formale dell’indipendenza di Internet. L’opera rimarca l’importanza della condivisione delle conoscenze, spiega la natura e la dinamica dei rapporti interpersonali, punta il dito contro le istituzioni facendo una dicotomia di buoni e cattivi come i maestri sulle vecchie lavagne delle aule più turbolente.
Assange non lesina esempi e fa riferimento alla NSA statunitense, asserendo che quel tipo di spionaggio strutturato è il suo mestiere da venti/trent’anni. Ma spiega che non è una moda a stelle e strisce perché persino la Libia del colonnello Gheddafi ha impiegato il sistema Eagle, realizzato dalla francese Amesys e reclamizzato come efficace soluzione di intercettazione ad ampio spettro geografico.
A spingere il cosmo online in questa pericolosa deriva ha certo contribuito il costante calare dei costi per effettuare “ascolti” e “monitoraggi” delle comunicazioni.
Molte riflessioni di Assange riguardano l’approccio naif di parecchi utenti, assolutamente leggeri ed incuranti nell’affrontare ogni piccola azione sul web. Non riesce a darsi ragione della facilità a raccontare e render pubblica qualsiasi cosa e si chiede perché mai si debba dire a Facebook o a chicchessia quel che si sta pensando o facendo in un determinato momento.
La frenetica corsa ad aggiornare il proprio “stato” su Facebook indica una pericolosa tendenza alladiffusione spontanea e incontrollata di qualunque informazione sul proprio conto. Una volta – rammenta Assange – la Stasi poteva contare su una permeazione del 10% della popolazione dell’allora Repubblica Democratica tedesca: in pratica un cittadino su dieci era un informatore dei temutissimi servizi segreti. Ora è tutto incredibilmente più facile. Nei Paesi a maggior penetrazione tecnologica, come l’Islanda, ben l’80% degli abitanti è presente su Facebook e tiene aggiornati i propri amici su cosa ha fatto, fa o sta per fare. Facile, così, sapere tutto di tutti e – magari – acquisire informazioni che un domani possono persino essere utilizzate in danno del soggetto cui si riferiscono.
Assange insiste nel ribadire che dovremmo aver imparato che la conoscenza è il vero potere e al contempo dovremmo aver compreso che nelle viscere del globo virtuale scorrono fiumi di informazioni la cui aggregazione e rielaborazione può trasformare dati innocui in notizie compromettenti. E vortici e mulinelli di certi torrenti digitali possono mettere in difficoltà anche abili web-nuotatori.
La dissertazione è lunga e gli argomenti sono tanti, forse troppi per una pagina di blog. Vale la pena premere il tasto “pausa” sull’immaginario telecomando della nostra vita e scrutare in dettaglio il fermo immagine. Probabilmente si può constatare che certe riflessioni di Assange e dei suoi tre amici non sono poi così remote.
Internet ha cambiato il mondo e dopo la deflagrazione nucleare di Hiroshima è il più forte impatto cui la recente civiltà è stata sottoposta. Vale la pena non farsi trovare impreparati dinanzi agli ulteriori prossimi mutamenti. Il ruolo della Rete è stato oggetto anche di disamine nostrane. “Libertà vigilata – Privacy, sicurezza e mercato nella rete”, edito da Laterza, non arriva da lontano ma guarda lontano. L’opera di Franco Bernabè, di cui ho avuto il privilegio di veder la genesi e la versione “ecografica” antecedente la venuta alla luce, è piena di spunti molto interessanti. E non manca di similitudini con il Cypherpunk-pensiero. Strano abbinamento? Forse. Ma in realtà entrambi gli “schieramenti” conoscono davvero la Rete e le potenzialità delle tecnologie. E hanno contezza di quel rovescio della medaglia che pur nominato spesso è surclassato con altrettanta frequenza.
A voler reiterare le citazioni di Renzo Arbore (la seconda in quattro post e stavolta rivedendolo dinanzi ad una birra), “meditate gente, meditate!”

I persuasori occulti e il neuro marketing

29 novembre 2012

Di Marcello Pamio – disinformazione.it -
La pubblicità può essere descritta come la scienza di fermare l’intelligenza umana abbastanza a lungo da ricavarne denaro”, Stephen Leacock
Nel 1957 il giornalista Vance Packard scrisse “I persuasori occulti”, un libro che svelava i trucchi psicologici e le tattiche usate dal marketing, per manipolare le nostre menti e convincerci a comprare.
Libro inquietante per l’epoca. Oggi però, i pubblicitari sono diventati più bravi, furbi e spietati.
Grazie ai nuovi strumenti tecnologici, alle scoperte nel campo del comportamento, della psicologia cognitiva e delle neuroscienze, sanno cosa ha effetto su di noi molto meglio di quanto noi stessi possiamo immaginare.
Scansionano i nostri cervelli e mettono in luce le paure più nascoste, i sogni, i desideri; ripercorrono le orme che lasciamo ogni volta che usiamo una tessera fedeltà o la carta di credito al supermercato.
Sanno cosa ci ispira, ci spaventa e cosa ci seduce, e alla fine, usano queste informazioni per celare la verità, manipolarci mentalmente e persuaderci a comprare.
Vediamo alcune strategie messe in atto dai “persuasori”.
Il Kids marketingGran parte del budget del marketing è impiegata per impiantare i brand (marchi) nel cervello dei piccoli consumatori, perché le nostre preferenze per i prodotti attecchiscono dentro di noi ancora prima di nascere. Il linguaggio materno è udibile dall’utero, ma quello che non si sapeva è che la musica lascia nel feto un’impressione duratura in grado di plasmare i gusti che avranno da adulti.
Le ultime scoperte confermano che ascoltare reclame e jingle pubblicitari nell’utero ci predispone favorevolmente nei confronti dei brand associati. Il marketing lo sa e ha iniziato ad escogitare modi per capitalizzare tale spregiudicato fenomeno…
Con il kids marketing si coinvolgono i bambini nei giochi, monitorando il loro comportamento e preferenze, il tutto per aggiornare gli assortimenti dei supermercati: ridisegnare forma e colore degli scaffali, arricchire i totem posizionati di fianco alle casse, ecc. Non a caso giocattoli e merendine sono disposti a circa un metro da terra, alla portata dei più piccoli.
I bambini sotto i tre anni (guardano 40.000 spot pubblicitari all’anno e conoscono più nomi di personaggi pubblicitari che animali), solo negli Usa, rappresentano un mercato da 20 miliardi di dollari!
A 6 mesi i bambini sono in grado di formarsi un’immagine mentale di loghi, e infatti i biberon e passeggini vengono decorati con personaggi ad hoc. I loghi riconosciuti a 18 mesi saranno preferiti anche da adulti.
Per finire, condizionando i bambini agli acquisti si condizionano anche i genitori: il 75% degli acquisti spontanei può essere ricondotto a un bambino e una madre su due compra un alimento che è stato chiesto dal figlio.
Marketing della paura e nostalgiaLa paura è un’emozione che stimola la secrezione di adrenalina, scatenando il riflesso primordiale del combatti o fuggi. Tale riflesso produce a sua volta un altro ormone, l’epinefrina che determina un piacere estremo. Il sangue affluisce ad arti e muscoli, per cui il cervello ne sarà privato, e questo ci rende incapaci di pensare con lucidità: la paura è persuasore molto efficace (psicofarmaci, vaccini, ecc.). Le case farmaceutiche spendono decine di miliardi di dollari per inventare nuove malattie e alimentare le nostre paure. Risultato? Le vendite di farmaci da ricetta in America raggiungono i 235 miliardi di dollari all’anno.
Spesso l’approccio consiste nell’evocare emozioni negative, indi presentare l’acquisto del prodotto come l’unico e veloce modo di liberarsi di quell’emozione. Pubblicità più sofisticate adoperano invece l’umorismo come rinforzo positivo: far ridere è un ottimo mezzo per far simpatizzare con il prodotto.
Viceversa, struggersi nei ricordi migliora l’umore, l’autostima e rafforza le relazioni.
La nostra predilezione per la nostalgia dipende dal fatto che il cervello è programmato per ricordare le esperienze passate come più piacevoli di quanto le avessimo ritenute nel momento. Tendiamo a valutare gli eventi passati in una luce più rosea.
Anche la nostra età percepita è un fattore cruciale nelle decisioni di acquisto: più invecchiamo e più rimpiangiamo il passato. Il “marketing della nostalgia” è una strategia di grande efficacia, con cui i pubblicitari riportano in vita immagini, suoni e spot del passato per venderci un brand.
Le dipendenze
I cibi ricchi di grassi e zuccheri (cioccolate, patatine, merendine…) sono tra i prodotti che generano più dipendenza. Le aziende arricchiscono appositamente i loro prodotti con sostanze che creano assuefazione (glutammato monosodico, caffeina, sciroppo di mais, aspartame, zucchero).
Uno studio pubblicato su “Nature Neuroscience”, dimostra che questi alimenti agiscono sul cervello in modo quasi identico alla cocaina e all’eroina!
Lo zucchero stimola la secrezione della dopamina, il neurotrasmettitore del benessere, mentre la caffeina ne inibisce il suo riassorbimento, facendoci sentire briosi e vivaci, e dall’altra stimola l’adrenalina che ci fa sentire carichi.
Anche i giochi danno una dipendenza fisiologica fortissima, il cervello infatti reagisce rilasciando più dopamina. Per questo le aziende cercano di aumentare le vendite di Playstation e Wii, anche perché hanno scoperto che quando i giochi sono progettati a dovere, non fanno sviluppare soltanto una dipendenza dal gioco stesso, ma possono riprogrammare il cervello rendendo dipendenti dall’atto di comprare, dallo shopping.
Usano i videogiochi per trasformarci in drogati dello shopping: brandwashing.
Vanity sizingE’ un bieco trucco con cui alcuni negozi vendono abiti più larghi per farci credere di indossare una taglia più piccola.
Le taglie riportate nelle etichette di abbigliamento spesso non corrispondono a quelle reali: sono di una taglia più bassa. Il neuromarketing sa benissimo che ambo i sessi comprano più volentieri un prodotto che li fa sembrare più magri, anche se ciò non è vero.
Celebrity marketingSfruttano la fama delle celebrità (attori, sportivi, ecc.) per lavarci il cervello, perché un prodotto associato a una persona famosa esercita un ascendente subliminale potentissimo.
Il “celebrity marketing” fa leva sul fatto che sogniamo di diventare famosi, belli e popolari, vogliamo essere loro o almeno essere come loro.
Non a caso il numero delle persone famose si è moltiplicato negli ultimi anni, grazie a programmi creati ad arte: reality show, intrattenimento, ecc. Aumentano i testimonial per poterli usare per la pubblicità.
Data miningSi tratta di un business enorme che consiste nel tracciare e analizzare il comportamento dei consumatori, per poi categorizzare ed elaborare i dati e usarli per persuaderci a comprare e, a volte, a manipolarci.
Le aziende possono conoscere le nostre abitudini, l’etnia, il sesso, l’indirizzo, il telefono, il numero dei componenti della famiglia e molto altro ancora. Il nome tecnico è “Ricerca motivazionale”, e in pratica vanno alla ricerca delle motivazioni che stanno alla base dei comportamenti di acquisto dei consumatori.
Analizzando i dati delle carte fedeltà e incrociandoli con quelli delle carte di credito, è possibile scoprire delle cose inquietanti su tutti noi.
I “programmi fedeltà” infatti esistono solo per persuaderci a comprare di più.
Ogni volta che usiamo tali carte, viene aggiunta al nostro archivio digitale l’indicazione di quello che abbiamo comprato, le quantità, l’ora, il giorno e il prezzo. Quando usiamo le carte di credito, l’azienda archivia la cifra e la tipologia merceologica: ad ogni transazione è assegnato un codice di quattro cifre che indica la tipologia di acquisto.
Dove questi dati vadano a finire è facile da immaginare.
Percorsi e orientamento
Sapevate che si spende di più se ci muoviamo nel negozio in senso antiorario?
Il braccio destro ha più margine di movimento per afferrare i prodotti; la guida delle auto, tranne alcuni paesi, è a destra e leggiamo da sinistra a destra, per cui i nostri occhi tendono a seguire questo movimento anche quando si è davanti a uno scaffale.
I supermercati sono pensati per favorire la circolazione dei clienti da destra a sinistra, col risultato che le cose più acquistate sono sempre sugli scaffali a destra. Le grosse industrie, sapendo questo, posizionano i loro prodotti civetta sempre a destra.
La porta d’ingresso è sempre a destra, e questo è un modo subdolo nel determinare il flusso d’acquisto antiorario.
Infine i percorsi contorti all’interno servono per farci camminare lentamente, e più lentamente ci muoviamo, più prodotti vedremo…e saremo tentati di comprare.
I beni di prima necessità come sale, zucchero, ecc., sono posizionati lontanissimo dall’ingresso e difficili da scovare, obbligandoci a ripercorrere più volte le corsie facendoci girare l’intero supermercato. Addirittura in molti supermercati cambiano di posto i prodotti una volta al mese, per impedirci di trovare facilmente quello che cerchiamo.
L’istituto ID Magasin, specializzato in ricerche comportamentali e di mercato, ha messo a punto un dispositivo per registrare ciò che il cliente guarda da quando entra a quando esce, scoprendo che l’area più osservata negli scaffali è a circa 20 centimetri al di sotto del nostro orizzonte visivo.
Un prodotto collocato a un metro e mezzo d’altezza ha la massima probabilità d’essere notato e quindi di essere acquistato.
La musica è servita
Quale musica è meglio: rock, metallica, samba o sinfonica?
A questo ci pensano aziende come Muzak, gli “architetti audio”, che hanno progettato 74 programmi musicali in 10 categorie diverse, che spaziano dal rock, alla classica, e tutte sortiscono un effetto psicologico ben preciso e diverso.
Anche la velocità e il ritmo sono importanti. Nei supermercati la musica è lenta perché dobbiamo muoverci più lentamente per comprare di più, mentre nei fast-food e ristoranti è più veloce allo scopo di accelerare il ritmo della masticazione, in questo modo ci spingono ad andarcene prima per servire più clienti.
I carrelli della spesa
Nel 60% dei carrelli si trovano batteri coliformi, gli stessi dei bagni pubblici. Uno studio ha trovato più batteri di tutte le altre superfici analizzate, inclusi water e poggiatesta dei treni.
Il carrello è stato inventato nel 1938, con l’unico intento di stimolare gli acquisti, e nel corso degli anni le dimensioni sono aumentate permettendo di contenere più prodotti.
Oggi si trovano carrelli di dimensione ridotta dedicati ai bambini, e in questa maniera da una parte vengono abituati e indottrinati fin da piccoli a usarlo, dall’altra possono riempirlo con i prodotti posizionati alla loro altezza.
Esposizioni
Le industrie pagano per posizionare i loro prodotti dove possono essere visti più facilmente dalle persone: un metro e mezzo da terra, a destra e a fine corsia.
Posizionano a fine corsia, dove c’è anche più spazio, prodotti ad alto profitto, come le cioccolate e che ispirano acquisti compulsivi.
Le persone comprano il 30% in più di prodotti che sono posizionati nelle esposizioni di fine corsia, rispetto quelli a metà corridoio, perché si pensa che “il vero affare è alla fine”.
Attenzione agli amiciParadossalmente il persuasore occulto più potente sono proprio gli amici. Il marketing e le aziende non possono nulla in confronto all’influenza esercitata da un consumatore sull’altro. Nulla è più persuasivo quanto osservare una persona che conosciamo e rispettiamo intenta a usare un prodotto.
Quando un brand ci è raccomandato da un’altra persona, nel nostro cervello le aree razionali e procedurali si disattivano. Tali meccanismi spiegano come mai la pubblicità basata sul passaparola ci resta in testa per settimane, mentre non ricordiamo gli spot televisivi visti alla mattina.
Conclusione
Aveva ragione Edward L. Bernay, padre della Propaganda, quando scrisse nel 1928 che “gli uomini raramente sono consapevoli delle vere ragioni che stanno alla base delle loro azioni”.
Questo articolo è incompleto perché il materiale su tali argomenti è faraonico, ma dopo questa lettura forse saremo un po’ più consapevoli del piano diabolico del neuromarketing.
La consapevolezza, assieme a un percorso di crescita evolutivo-spirituale, rimangono gli strumenti più potenti per difendersi dalla persuasione….e non solo.
Partendo da hic et nunc, qui e ora, è molto importante essere presenti il più possibile nella nostra vita. La tv, in quanto strumento prìncipe della manipolazione, meno la guardiamo e meglio è per tutti, soprattutto per i bambini. Infine, evitare di fare la spesa durante gli orari di pranzo e cena, perché lo stimolo della fame incentiva acquisti compulsivi, non usare il carrello e portarsi sempre la lista della spesa.
Questi consigli sono banalità o possono far tremare i polsi alle multinazionali? Lo sapremo solo se li metteremo in pratica…


Tratto da:
- “Neuroschiavi: tecniche e psicopatologia della manipolazione politica, economica e religiosa”, Marco Della Luna e Paolo Ciono, ed. Macro
- “Le bugie del neuromarketing: come le aziende orientano i nostri consumi”, Martin Lindstrom, ed. Hoepli
- “Neuromarketing”,Martin Lindstrom, ed. Apogeo
- “Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere”, ed. Tascabili Newton
- “Propaganda: dalla manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia”, Edward Louis Bernays, ed. Fausto Lupetti
- “I persuasori occulti”, Vance Packard, ed. Einaudi