"Soggettività postumane" di Rosi Braidotti, di cui di seguito uno uno spunto:
...Il postnazionalismo a livello di cittadinanza significa la pratica delle cittadinanze flessibili: uno non deve essere nato qui, o essere del colore e della religione ‘giusta’ per appartenere a questa cittadinanza, a questa comunità. Il concetto di cittadinanza deve fondarsi invece sulla partecipazione su basi negoziabili, su atti di appartenenza civica.
Per me il postnazionalismo è una critica
del soggetto unitario, e quindi implica forme di cittadinanza e di politica
nomade e trasversale. Vuole scindere l’essere dalla cittadinanza, crea un varco
tra questi due concetti e pratiche e le mette in contraddizione tra di
loro. Questa posizione postnazionalista
implica un rifiuto netto della chiusura mentale e politica spronata dalle
destre neo-nazionalistiche e in certi casi – penso a Marine Le Pen -
ultra-nazionalistiche, che pullulano in Europa in questo momento. La creazione
della fortezza Europa e la chiusura delle frontiere è la negazione della
dimensione europea che mi sta a cuore. Certo che questo progetto di un’Europa
politica post-nazionalistica è di difficile gestione, anche perché ripeto che
ci manca una dimensione immaginaria che lo sostenga – l’Europa non ci fa
sognare...
"Come nasce un terrorista" di Alan B. Krueger; di cui uno spunto:
....L’evidenza empirica dimostra che povertà e mancanza di istruzione giocano un ruolo ben piccolo nel trasformare un normale cittadino in un terrorista. Molta più importanza hanno le rivendicazioni geopolitiche e la convinzione che il solo modo per veder riconosciuti i propri diritti passi attraverso il terrorismo. Ma servono anche organizzazioni che sappiano sfruttare in modo razionale il fanatismo degli estremisti. E sono queste che dobbiamo combattere, riducendone la credibilità...
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